Colon irritabile, intestino e assi endocrini: parliamo di tiroide

Colon irritabile, intestino e assi endocrini: parliamo di tiroide

C’è una relazione che lega queste due cose? E come fare per stare meglio? Parliamo di colon irritabile, disbiosi, intestino, trattamento e stile di vita: buona lettura!

Le molteplici vesti del colon irritabile

Sistema nervoso enterico e centrale comunicano tramite il nervo vago, il sistema immunitario, il sistema endocrino e si influenzano reciprocamente, a volte mandando in altalena il nostro umore. Stati di ansia e stress ad esempio aumentano la motilità intestinale e nei casi più severi un eccessivo rilascio di citochine provoca uno stato di infiammazione della mucosa intestinale. Ma vale anche il contrario. La sindrome dell’intestino irritabile aumenta non solo la produzione di serotonina ma anche dell’enzima deputato a demolirla: questo può provocare una diminuzione del tasso di serotonina nel sistema nervoso centrale, con conseguente insorgenza di depressione.

Anche nelle persone all’interno dello spettro autistico sono spesso stati osservati problemi digestivi, mentre i pazienti affetti da Parkinson sono comunemente interessati da costipazione. I ricercatori hanno anche notato che un aumento dei disturbi depressivi è associato a un eccessivo uso di antibiotici, che fanno piazza pulita dei microrganismi che abitano dentro di noi, sia quelli cattivi, sia quelli buoni. Ma cosa c’è alla base del colon irritabile?

Secondo un reportage pubblicato su Science, l’amminoacido triptofano prodotto da diversi batteri intestinali potrebbe ricoprire un ruolo centrale. La serotonina viene sintetizzata a partire dal triptofano, ma a partire da quest’ultimo si ottiene anche la chinurenina, una sostanza che reagisce producendo molecole tossiche per i neuroni … le persone affette da depressione convertono troppo triptofano in chinurenina e troppo poco in serotonina: sarebbe questo uno dei meccanismi attraverso cui le modificazioni del microbiota influiscono sulla salute mentale.

Ma non solo… quando si può essere in disbiosi, viene meno una parte del lavoro di una serie di microrganismi in grado di produrre una sostanza, l’acido gamma-amminobutirrico (Gaba), che è anche un neurotrasmettitore inibitore dell’attività neurale, la cui scorretta regolazione è implicata nella depressione e in altri disturbi mentali. Assieme a Gaba questi batteri producono altre molecole sono benefiche per chi è affetto da depressione e altri disturbi mentali. Ma che cosa vuol dire essere in disbiosi o in eubiosi?

Intestino, tiroide e sistema immunitario

Arriva prima l’infiammazione e poi la disbiosi oppure avviene il contrario?Innanzitutto vediamo di capire la relazione tra apparato digerente, autoimmunità e sistema immuntario. I batteri che albergano nel nostro intestino prendono parte a numerosi eventi relazionati anche ad un quadro patologico, che vanno dall’obesità alle malattie infiammatorie intestinali fino alla sclerosi multipla e alla tiroidite di Hashimoto, tanto per dirvene alcune. Da qui si comprende come l’influenza degli stessi sulle ghiandole del nostro organismo è rilevante. Parlo spesso di tiroide e lo sapete già, e prendo questo esempio proprio per farvi comprendere la correlazione tra patologie tiroidee e intestino non ben funzionante: subentra sempre la flora batterica in disbiosi , ovvero in cattivo equilibrio tra presenza di batteri sani e batteri patogeni, a sfavore dei primi! Ad esempio, si è visto, mediante un’attenta esame di coltura fecale, che sono stati rilevati bassi livelli di bifidobatteri e lactobacilli nel tenue contro un elevato numero di batteri da Enterococco in alcuni soggetti affetti da ipertiroidismo, evidenziando quindi il collegamento fra tiroide e microbiota intestinale. Mentre, interessandoci dei soggetti colpiti da tiroide poco funzionante, con ipotiroidismo, e ricordandoci che questo tipo di patologia è associata ad un’importante componente autoimmune, si è visto comunque lo stesso collegamento, dato che l’alterazione del microbiota intestinale ha ugualmente un ruolo fondamentale nelle malattie autoimmuni . Tutto ciò è stato approvato scientificamente mediante numerosi esperimenti su campioni biologici vivi con forti conferme di quanto ho scritto sopra.

Cosa vuol dire essere in eubiosi o in disbiosi, e quali principali tipi di disbiosi sono da considerare?

Una flora batterica equilibrata  a livello intestinale è utile all’organismo per mantenere una condizione di relativo benessere chiamata EUBIOSI. Il mantenimento dell’ecosistema intestinale è basato sull’integrità e sulla cooperazione tra  mucosa intestinale, microflora e  sistema immunitario. A causa di stili di vita frenetici, stress, cure antibiotiche questo stato di equilibrio può essere perturbato a favore in uno squilibrio chiamato DISBIOSI. È proprio la disbiosi alla base di una serie di disturbi quali gonfiori, stitichezza o diarrea, stanchezza cronica e malessere generale.

E’ fondamentale sapere che una disbiosi protratta nel tempo comporta delle modifiche su alcune funzioni dell’intestino. Innanzitutto è causa della distruzione delle “tight junction o giunzioni serrate tra una cellula intestinale e l’altra, chiamata enterocita, compromettendo la capacità dell’intestino  stesso di fare da barriera e da “filtro”, dando origine alla sindrome dell’intestino permeabile, prima tappa  verso tutte le patologie su base infiammatoria sub-cronica. Sempre lo stato di disbiosi causa l’ingresso nel torrente ematico di sostanze estranee, causando di conseguenza infiammazioni da cibo e sovraccarico  del  sistema immunitario dando origine ad una sorta di infiammazione cronica di basso grado causata dall’incremento delle citochine pro-infiammatorie. Infine viene inibita la produzione di numerose sostanze prodotte dalla flora batterica intestinale, come ad esempio, vitamine del gruppo B, la vit. K in forma di menachinone, e vengono ridotti l’assorbimento ed il trasporto del Triptofano con conseguente riduzione della generazione di Serotonina e melatonina, generando conseguenze sia sulla salute fisica che mentale.

Vi sono numerose tipologie di disbiosi, tra cui per citarne alcune abbiamo la disbiosi putrefattiva e quella fermentativa, ma ce ne sono anche altre. La disbiosi putrefattiva si ha quando lo squilibrio della flora è situato principalmente nel colon ed è provocato da una dieta povera in fibre. Il pH fecale risulta più basico del normale e i sintomi più evidenti sono alitosi, foruncolosi, stanchezza cronica, insonnia, cefalea, ecc… A contribuire alla disbiosi putrefattiva può anche essere la poca acidità dello stomaco (ipocloridria) e quindi il conseguente abuso di antiacidi e inibitori di pompa protonica. La disbiosi fermentativa è causata da alimentazione ricca di zuccheri e carboidrati semplici (pane, pasta, pizza, dolciumi, ecc…) che provoca una proliferazione di microorganismi nell’intestino tenue e come sintomi iniziali porta gonfiore addominale con meteorismo, malessere generale, stipsi e/o diarrea e tanto altro ancora. Anche in questo caso, una bassa acidità dello stomaco può favorire la disbiosi fermentativa.

Per identificare la presenza di fenomeni disbiotici a carico dell’intestino, presso il mio studio è possibile effettuare specifiche analisi indirette sul microbiota andando a verificare l’esistenza di una disbiosi intestinale in atto. Il test percorre tre diverse strade parallele di analisi (IgG SPECIFICHE PER FRAZIONI MICROBICHE, INDACANO E SCATOLO, ACIDI ORGANICI). Se l’indicano ha un valore superiore a 60 mg/l si è in presenza di una seria disbiosi fermentativa, mentre lo scatolo, sempre oltre i 60 mg/l, indica un’importante disbiosi putrefattiva.

Essere in disbiosi può comportare, poi, anche problemi a livello endocrino

Ora è importante sottolineare un altro aspetto, sempre in collegamento con l’asse endocrino-intestinale: affinché le ghiandole del nostro organismo funzionino bene, è necessario che vi sia un buon assorbimento intestinale dei nutrienti. Infatti, elementi come lo iodio e il selenio, fondamentali per la salute della tiroide, vengono assorbiti dall’organismo tramite i villi intestinali, che sono la struttura funzionale di assorbimento che caratterizza l’intestino. Quando si presenta un’infiammazione intestinale, come per esempio nella disbiosi , i villi si atrofizzano e non sono più in grado di assorbire nutrienti essenziali per l’organismo umano.

Cos’è che causa le condizioni patologiche delle ghiandole? Il Liposaccaride (LPS), che fa parte proprio dei batteri patogeni presenti in quantità anomale nella disbiosi intestinale. Esso è un componente della parete cellulare dei batteri. Nel momento in cui l’intestino diventa permeabile, l’LPS può infiltrarsi nel flusso sanguigno danneggiando la tiroide. Come agisce l’LPS? Va a diminuire uno speciale enzima, l’enzima deiodinasi, che è deputato alla produzione di T3 libero che va in circolo, la forma attiva dell’ormone tiroideo (perché T4 è la forma inattiva dell’ormone). Mentre, contrariamente, la metabolizzazione degli acidi biliari prodotti nella cistifellea da parte dei batteri intestinali aumenta l’attività di questo enzima.

Abbiamo quindi capito che il modo in cui funziona la nostra tiroide dipende fortemente anche dai recettori presenti nel nostro organismo: l’LPS inibisce la ricezione di questi segnali specialmente nel fegato. L’LPS non fa solo questo di negativo: induce anche l’aumento dell’assorbimento dello iodio nella stessa tiroide. Ciò non è un effetto positivo come potrebbe apparire, in quanto lo iodio è sicuramente necessario al funzionamento del sistema endocrino ma il suo eccesso, specialmente in concomitanza con la carenza di selenio, può contribuire allo sviluppo della tiroidite di Hashimoto, come ho ampiamente spiegato nel mio testo uscito di recente “La dieta anti-infiammatoria”.

Come mangiare meglio per la salute intestinale e trattare la disbiosi

A questo punto, per mantenere in buona salute l’intestino ee evitare l’infiammazione, è necessario procedere con una buona alimentazione e con lo stile di vita! Come? Bisogna considerare molte accortezze, le principali sono di seguito elencate:

 

  • Ripulire l’intestino in un primo periodo da tutte le sostanze che possono infiammarlo;
  • Eliminare zuccheri, edulcoranti e farine raffinate dalla dieta;
  • Gestire lo stress;
  • Individuare le infiammazioni da cibo e gestirle;
  • Colazione abbondante, pranzo intermedio, cena leggera;
  • Associare proteine, carboidrati integrali e fibre ad ogni pasto;
  • Valutare l’adeguata assunzione di iodio nella dieta;
  • Attività fisica costante;
  • Evitare il consumo di sostanze che rallentano la funzionalità dell’apparato gastrointestinale;
  • Evitare di assumere cibi infiammatori, preferendo invece cibi ricchi di nutrienti per aiutare l’intestino a guarire e restare sano;
  • Assumere alimenti ricchi di fibre, in quanto i batteri intestinali sono in grado di fermentare le fibre e produrre acidi grassi a corta catena;
  • Utilizzare cibi fermentati, come ho parlato dell’articolo in merito all’argomento ;

Ovviamente, ogni protocollo alimentare deve essere personalizzato al quadro clinico del soggetto in questione, ricordando che la dieta è personalizzata e il ruolo dello specialista in nutrizione è essenziale prima di “fare di testa propria”!

Dott. Francesco Garritano

 

Fonti bibliografiche:

  • Weiss GA. Mechanisms and Consequences of Intestinal Dysbiosis. Cell Mol Life Sci. 2017 Aug;74(16):2959-2977
  • Köhling HL et al. The microbiota and autoimmunity: Their role in thyroid autoimmune diseases. Clin Immunol. 2017 Oct;183:63-74.
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