A ciascuno di noi, il proprio microbiota: vediamo perché!

A ciascuno di noi, il proprio microbiota: vediamo perché!

Oggi vi posto una interessante e recente review che tratta del ruolo del microbiota intestinale nelle patologie infiammatorie sistemiche.

Sono riportate prove precliniche e cliniche che dimostrano come le terapie dietetiche, probiotiche, prebiotiche possano influenzare il nostro stato di benessere e di malattia, in particolar modo le patologie autoimmuni.

È vero che il microbiota di un individuo è stabile nel tempo, ma può anche subire delle alterazioni a causa di fattori ambientali, della dieta, delle malattie batteriche e virali, dell’assunzione di farmaci, in particolar modo degli antibiotici. Le funzioni che svolge il microbiota sono diverse: conferisce protezione dagli organismi patogeni, facilita la digestione di carboidrati complessi vegetali in acidi grassi a catena corta (SCFA), che sono fonte di energia per le cellule epiteliali dell’intestino; ha funzione anti-infiammatoria inibendo le deacetilasi istoniche nelle cellule T regolatorie (Tregs) attraverso i recettori accoppiati a proteine ​​G (GPRs) 25; sintetizza vitamine e amminoacidi essenziali, regola il metabolismo dei grassi e modella lo sviluppo del sistema immunitario.

Se il microbiota viene alterato, si parla di disbiosi intestinale, che causa la disregolazione delle funzioni appena descritte, contribuendo allo sviluppo di patologie autoimmuni come la malattia infiammatoria intestinale (IBD), l’artrite infiammatoria sistemica, la sclerosi multipla ed il lupus eritematoso sistemico (SLE).

Vi riporto alcuni esempi, meglio approfonditi nella review, per ogni patologia trattata.

Nel caso di Rettocolite ulcerosa e Morbo di Crohn, il microbiota dei topi si ritrova arricchito di Bacteroides, Enterobacteriaceae, Porphyromonas, Akkermansia muciniphila e Clostridium ramosum ai quali sono associati i livelli più elevati di infiammazione, mentre nell’uomo si ha una maggiore abbondanza di Bacteroidese Enterobacteriaceae e diminuzione di Firmicutes. Come ho ampiamente descritto nel mio ultimo libro “SOS – sistema immunitario” e nel libro che uscirà sulla sindrome fibromialgica, le disbiosi con diminuzione dei Firmicutes manifestano un pattern infiammatorio tipico delle situazioni di obesità, sovrappeso e di sindrome metabolica.

Diversi modelli animali di artrite infiammatoria che ricordano l’artrite reumatoide hanno mostrato una relazione tra il microbiota e lo sviluppo della malattia. Per esempio, i topi knockout dell’agonista del recettore dell’interleuchina 1 (IL1rn – / -) sviluppano spontaneamente un’artrite mediata da cellule T che dipende dall’attivazione del recettore toll-like (TLR) da parte della flora microbica. Mentre il fenotipo dell’artrite viene prevenuto quando i topi sono mantenuti in condizioni di assenza di germi, l’infiammazione avanzata è indotta dalla ricolonizzazione con Lactobacillus bifidus. I topi IL1RN – / –  mostrano disbiosi intestinale caratterizzata da una minore ricchezza e diversità microbica, con una riduzione delle specie Ruminococco e Prevotella.

Diversi esperimenti su modelli animali di sclerosi multipla, denominata encefalomielite autoimmune sperimentale (EAE), dimostrano che i microrganismi intestinali contribuiscono alla patogenesi della malattia. Il microbiota intestinale è coinvolto in molte funzioni del sistema nervoso centrale, regolando la permeabilità della barriera emato-encefalica, attivando la microglia, riducendo la patogenesi degli astrociti ed esprimendo i geni necessari per la mielinizzazione. Uno studio recente ha anche dimostrato che alcuni batteri del microbiota intestinale possono essere predittivi di concentrazioni di neurometaboliti. Negli esseri umani, gli studi di sequenziamento 16S hanno mostrato una riduzione di Bacteroides, Faecalibacterium, Prevotella, Butricricas e Collinsella, con arricchimento di Bifidobaterium, Streptococcus, Methanobrevibacter e Akkermansia muciniphila.

Data la forte correlazione tra il microbioma intestinale e la salute umana, è plausibile che i fattori che influenzano la composizione microbica possano essere sfruttati per modulare indirettamente la malattia infiammatoria. Tra questi, la dieta è la migliore fra le strategie, poichè i cambiamenti nell’assunzione di nutrienti influenzano la composizione batterica intestinale.

Dott. Francesco Garritano

Bibliografia:

http://www.bmj.com/content/360/bmj.j5145

 

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