È la depressione a causare disbiosi intestinale o, al contrario, l’alterazione del microbioma a favorire lo sviluppo e/o l’aggravamento di patologie legate ad alterazioni dell’umore e del comportamento? Sembrerebbero entrambe valide alternative, a seconda degli stimoli di stress e delle circostanze a cui siamo sottoposti.
L’intestino influenza il nostro umore?
Gli studi sul microbioma ci vengono a supporto
Ipotesi 1: lo stato depressivo modula il microbiota intestinale
Lo stato depressivo è stato indotto su alcuni modelli murini attraverso stimoli di stress sociale continuativo per 10 giorni.
Al termine di questo periodo, i modelli esposti hanno mostrato differenze di metaboliti fecali e del cieco se comparati con i controlli riportando l’incremento di OTUs appartenenti alle famiglie Desulfovibrionaceae, Rikenellaceae e Lachnospiraceae e, viceversa, un decremento di quelli dei genera Allobaculum e Mucispirillum.
Tra i metaboliti prodotti normalmente dal microbiota quello più carente è risultato essere il 5-AV (5 acido aminovalerico), coinvolto nella via di modulazione del neurotrasmettitore GABA, mentre il più espresso è stato l’acido colico, un acido biliare (Aoki-Yoshida et al., 2016).
Osservazioni analoghe di alterazione batterica sono state ottenute dallo studio di Bharwani et al. (2016) nel quale la stessa tipologia di stress ha comportato una generale riduzione di ricchezza batterica associata a un innalzamento di citochine proinfiammatorie.
Tuttavia, a differenza di Aoki-Yoshida et al., (2016) i decrementi maggiori sono stati a carico delle Lachnospiraceae mentre gli aumenti più considerevoli hanno riguardato i generi Gebra e Lactobacillus.
Complessivamente dunque, questi, come del resto altri studi (Bangsgaard et al., 2012; Bailey et al., 2010 ecc..), dimostrano come a un cambiamento della condizione psicologica ed emotiva indotta da stress corrisponda un’alterazione anche in termini di composizione batterica.
È comunque importante considerare come in nessun caso si sia verificata l’introduzione ex novo o la deplezione completa di una specie in presenza di patologia depressiva, ma di come sia solamente variato il loro grado di espressione.
Ipotesi 2: il microbiota intestinale influisce sullo stato di depressione
Le evidenze più forti a supporto di questa tesi derivano dal trapianto di microbioma fecale (FMT) da donatore con patologia a modello animale sano.
Zheng et al. (2016) e Kelly et al. (2016) hanno infatti dimostrato come, in seguito a FMT eseguito come sopra descritto, i ratti inizialmente sani e germ-free abbiano mostrato comportamenti tipici dello stato depressivo-ansioso oltre che un incremento di chinurenina e del rapporto chinurenina/triftofano in linea con i donatori malati.
È stato inoltre notato un aumento degli acidi grassi a catena corta, ampiamente prodotti a livello del microbioma. Nankova et al., (2014) hanno inoltre valutato in vivo come una quota di questi metaboliti, attraverso adatti trasportatori, sia in grado di raggiungere il sistema nervoso centrale dando effetti simil-depressivi.
Da ultimo, Bercik et al., (2011) e Bravo et al., (2011) hanno riscontrato come l’applicazione di specifici batteri nel tratto intestinale sia in grado di influenzare i comportamenti ansiosi rimodulano l’eccitabilità dei recettori inibitori GABA, effetti non riscontrati in seguito all’asportazione del nervo vago, principale collegamento con il cervello.
Entrambe le ipotesi sembrerebbero perciò valide e verificate. Come anticipato, le differenti circostanze potrebbero sbilanciare l’ago della causalità da un lato rispetto che dall’altro. Complessivamente dunque rimane ancora molto da scoprire sui meccanismi che stanno alla base del dialogo tra intestino e cervello nonostante sia da considerarsi confermata la presenza di una loro associazione.
Dott. Francesco Garritano
Fonti bibliografiche:
- https://microbioma.it/neuroscienze/depressione-e-intestino-cosa-sappiamo-e-cosa-dobbiamo-ancora-scoprire/
- Weiss GA. Mechanisms and Consequences of Intestinal Dysbiosis. Cell Mol Life Sci. 2017 Aug;74(16):2959-2977
- Köhling HL et al. The microbiota and autoimmunity: Their role in thyroid autoimmune diseases. Clin Immunol. 2017 Oct;183:63-74.