Cosa succede agli alimenti quando entrano nel nostro canale digerente? I macronutrienti che ingeriamo (carboidrati, lipidi, proteine) sono presenti nel cibo sotto forma di grandi molecole, che per essere assorbite necessitano la digestione, quindi devono essere ridotti in pezzi più piccoli. Alcune volte il nostro organismo non è in grado di svolgere questa funzione in modo efficiente e si verifica malassorbimento intestinale e steatorrea, meteorismo addominale ed eccessiva flatulenza… In questo articolo affronteremo proprio questo argomento, per capire meglio come questi funzionano e quali sono i supporti che si possono utilizzare.
Gli acidi biliari per la nostra salute
Per più di un secolo gli acidi biliari sono stati considerati esclusivamente come “detergenti intestinali” che emulsionano i grassi alimentari per la digestione e il trasporto. Gli acidi biliari sono metaboliti derivati dal colesterolo con un ruolo ben consolidato nella digestione e nell’assorbimento dei grassi alimentari; essi sono ora riconosciuti come molecole di segnalazione che orchestrano il metabolismo del glucosio nel sangue, dei lipidi e dell’energia, modulando la secrezione di ormoni gastrointestinali inclusi il peptide-1 simile al glucagone (GLP-1) e il peptide YY (PYY), la gluconeogenesi epatica, la sintesi del glicogeno, il dispendio energetico e la composizione del microbioma intestinale.
Gli acidi biliari sono sintetizzati nel fegato, a partire dal colesterolo. Dopo l’ingestione del pasto, gli acidi biliari vengono rilasciati nell’intestino allo svuotamento della cistifellea e circa il 95% degli acidi biliari intestinali viene assorbito nell’ileo tramite il co-trasportatore apicale degli acidi biliari di sodio (ASBT), ritornando al fegato per la ri-secrezione. un processo altamente efficiente noto come “circolazione enteroepatica”. Una piccola frazione degli acidi biliari raggiunge l’intestino crasso, dove vengono modificati dai batteri intestinali in acidi biliari secondari come l’acido desossicolico (DCA), l’acido litocolico (LCA) e l’acido ursodesossicolico (UDCA, un acido biliare secondario negli esseri umani) e assorbito passivamente nella circolazione o escreto nelle feci. Pertanto, gli acidi biliari si trovano in alte concentrazioni nel fegato, nella bile e nell’intestino tenue.
Alla luce degli effetti degli acidi biliari sulla regolazione dell’appetito, in particolare attraverso la secrezione di ormoni gastrointestinali, è intuitivamente probabile che la modulazione della segnalazione degli acidi biliari influenzi il bilancio energetico.
Quali sono gli enzimi digestivi coinvolti?
La digestione, in piccola parte, inizia dalla bocca, in particolar modo quella degli amidi, grazie all’enzima alfa-amilasi salivare o ptialina, un enzima in grado di attaccare le molecole di amido (cotto) e di ridurle in frammenti più piccoli. Il chimo arriva poi nello stomaco, dove avviene la digestione delle proteine ad opera della pepsina, che viene secreto sotto forma di pepsinogeno (enzima inattivo) e poi attivato dall’acidità gastrica dell’acido cloridrico; un altro enzima prodotto nello stomaco è una lipasi, detta appunto lipasi gastrica, che attacca i lipidi, ma che svolge un’azione di scarso significato.
Dopo questa prima digestione, il chimo arriva nell’intestino tenue, diventando chilo, e subisce l’azione di alcuni enzimi riversati nel secreto pancreatico: il pancreas secerne, oltre all’ampia varietà di enzimi, anche acqua e bicarbonato; quest’ultimo è necessario a neutralizzare l’acidità del chimo proveniente dallo stomaco, poiché tutti gli enzimi secreti dal pancreas riescono a svolgere la loro funzione ad un pH leggermente alcalino.
Gli enzimi principali secreti dal pancreas sono la tripsina, secreta sotto forma di tripsinogeno inattivo, enzima proteolitico che completa la digestione delle proteine, già iniziata nello stomaco ad opera della pepsina, riducendole a singoli aminoacidi. Altri enzimi prodotti dal pancreas sono l’endopeptidasi e l’esopeptidasi, attivi anch’essi sulle proteine, la nucleasi, attiva sugli acidi nucleici, l’amilasi pancreatica, che completa la digestione degli amidi cominciata dall’amilasi salivare, ed una lipasi, che aggredisce i trigliceridi staccando gli acidi grassi dal glicerolo.
Cosa fare in caso di insufficienza pancreatica esocrina?
È pratica comune consigliare l’uso di enzimi digestivi in caso di malassorbimento per facilitare la digestione, ma negli anni sono stati fatti diversi studi che hanno definito le caratteristiche di questi, poiché una somministrazione di qualsiasi tipo di enzima potrebbe incrementare il malassorbimento. Prima di consigliare integratori di enzimi digestivi si deve verificare il malassorbimento che si manifesta dapprima con steatorrea, mancata digestione dei grassi visibile dalle feci, poi intacca l’amido e le proteine. C’è un modo per appurare la presenza di insufficienza pancreatica e conseguente cattiva digestione: da un lato determinare nelle feci i livelli di elastasi-1 pancreatica (su due diversi campioni) o quelli di chimotripsina; dall’altro, determinare la perdita giornaliera di grassi con le feci su una raccolta completa di 72 ore mentre si assume un’alimentazione con abituale quota di grassi.
Nonostante l’uso di enzimi digestivi, il malassorbimento potrebbe aumentare, ciò accade perché le lipasi, sono maggiormente suscettibili all’azione delle proteasi, poiché essendo enzimi sono proteine, che quindi vengono digerite dalle proteasi, ed hanno una maggiore sensibilità alla denaturazione acida. Uno studio passato del 1993 spiega come mai la lipasi possa perdere la sua funzione più rapidamente; l’attività degli enzimi pancreatici diminuisce durante il loro passaggio dal duodeno all’ileo terminale, ma la lipasi è maggiormente distrutta dalla proteolisi, principalmente tramite l’azione della chimotripsina; la sostituzione della lipasi è più difficile rispetto a quella degli altri enzimi perché più rapidamente distrutta dalle proteasi, mentre l’inattivazione delle proteasi migliora l’attività della lipasi intraluminale. Un altro problema da affrontare nella somministrazione è la distruzione acido-peptico di preparati enzimatici non protetti e le dimensioni delle particelle di capsule rivestite.
Questo studio ha creato le fondamenta per la ricerca di nuove tecnologie biofarmaceutiche nella composizione degli enzimi, suggerendo che l’adattamento del diametro del micropellet di pancreatina in sincronia con il pasto migliora l’efficacia digestiva. Nel 2003, infatti, uno studio ha trovato la soluzione al problema in caso di insufficienza pancreatica esocrina, tramite l’utilizzo di alcune preparazioni moderne di microsfere di pancreatina, che non normalizzano la funzione lipasica, anche se non completamente rispetto alle lipasi batteriche e fungine stabili all’acidità ed alle proteasi o ai preparati di lipasi gastrici umani, che possono offrire alternative superiori terapeutiche.
Il trattamento efficace del malassorbimento dovuto all’insufficienza esocrina del pancreas richiede, secondo questo studio, la somministrazione di un’attività enzimatica sufficiente nel lume duodenale contemporaneamente al pasto, somministrando da 25.000 a 40.000 unità di lipasi per pasto utilizzando microsfere di pancreatina sensibili al pH, e, in caso di insufficienza del trattamento, il dosaggio doveva essere aumentato per due o tre volte; l’efficacia del trattamento può essere misurata mediante la valutazione della chimotripsina fecale.
Nuovi studi, nuovi orizzonti!
Gli ultimi studi, invece, hanno proposto delle valide alternative di enzimi digestivi, in grado di risolvere il problema posto nel 1993; nel 2010 uno studio effettuato su pazienti affetti da carenza di enzimi digestivi, dimostra l’ammissione della FDA di una nuova formulazione di capsule a rilascio di pancrelipasi (CREON) che ha dimostrato efficacia, tollerabilità e sicurezza nei pazienti con età uguale o superiore a 7 anni, rispetto alla terapia sostitutiva pancreatica standard.
Questa formulazione contiene in forma concentrata il principio attivo pancreatina costituita dagli enzimi lipasi, amilasi e proteasi, importanti per la digestione degli alimenti. La pancreatina è presente in CREON sotto forma di cosiddetti micropellet (microgranuli), i quali vengono racchiusi in capsule che si sciolgono nello stomaco entro pochi minuti. Come per tutti i farmaci è invece opportuno rispettare un certo dosaggio, che può variare in rapporto alla quantità e al contenuto in grassi del pasto, ma che comunque è meglio che rimanga al di sotto delle 8.000-10.000 unità di lipasi per Kg di peso al giorno o di 2.000-2.500 unità per Kg di peso corporeo per pasto. Questo vuol dire che un adulto che pesa circa 65 Kg e mangia in maniera sostenuta cibi ad alto contenuto di grassi può assumere al massimo circa una ventina di capsule di Creon da 25000 unità al giorno. Se non si fissa un limite, il rischio è quello del “sovradosaggio” di enzimi pancreatici: esso può provocare effetti indesiderati quali stipsi e dolori addominali e alla lunga un problema conosciuto con il nome di “colonpatia fibrosante”. Il colon ha una parete elastica, costituita fra l’altro da fibre di natura proteica. Questa parete, in presenza di una quantità eccessiva di enzimi pancreatici, verrebbe intaccata, digerita dagli enzimi residui, perchè le capsule contengono non solo lipasi, ma anche altri enzimi: amilasi per digerire gli amidi e proteasi per digerire appunto le proteine. La parete del colon “digerita” ed infiammata dalle proteasi verrebbe riparata attraverso una reazione fibrosa (di qui il nome di colonpatia fibrosante) con il risultato di un ispessimento ed irrigidimento della parete del colon. Il colon, divenuto rigido e ridotto nel suo lume, è inadatto a far progredire regolarmente le feci e potrebbe indurre sintomi di occlusione intestinale.
Infine, un ultimo importante studio del 2012 (trial a lungo termine) ha ammesso l’uso del composto lipromatase, capsule contenenti derivati biotecnologici altamente purificati di lipasi, proteasi e amilasi, che ha dimostrato un’efficacia significativa nel malassorbimento dei grassi e proteine rispetto al placebo. Lo studio si è basato su 1 capsula di lipromatasi (contenente 32.500 unità di lipasi, 25.000 unità di proteasi, 3.750 unità di amilasi per la farmacopea americana). Il trattamento con una media di 5,5 capsule di liprotamase al giorno, durante i pasti e gli spuntini, fino a 12 mesi è stato dimostrato come sicuro, ben tollerato e associato alla crescita appropriata e all’aumento del peso; ancora, però l’FDA non ha introdotto il farmaco in commercio, poiché sono in atto ulteriori studi di conferma.
Conclusioni
Enzimi digestivi sì o no? Dopo aver esaminato questi studi è logico concludere consigliando l’integrazione degli enzimi digestivi solo in caso di insufficienza pancreatica esocrina valutata tramite test clinici (detti sopra), tramite l’utilizzo di supplementi che hanno delle definite formulazioni farmaceutiche, che non danneggiano l’azione della lipasi e non hanno altre conseguenze a livello digestivo.
Dott. Francesco Garritano
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21086085/
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https://www.mdpi.com/2072-6643/13/4/1104